Lo street food è il passaporto più sincero che esista: tra vicoli affollati e piazze illuminate, il cibo di strada svela l’essenza dei luoghi. Una tortilla in Messico, un simit a Istanbul, un hot dog a Manhattan: piccoli gesti che diventano viaggi
Dovunque tu vada, a qualsiasi latitudine, c’è una necessità che proprio accomuna ogni viaggio che farai nella vita: la necessità di mangiare, e possibilmente di mangiare bene.
Mangiare bene significa anche assaporare le delizie del luogo, comprendere gli usi e i costumi di quella popolazione, immergersi in un’esperienza culinaria a 360 gradi. Non c’è niente di peggio dell’italiano che va all’estero e si chiude in un ristorante pseudo-italiano a mangiare pasta scotta o una pizza che sembra quella del supermercato.
E in molti casi non c’è neppure bisogno di prenotare un ristorante, stellato o non stellato che sia. Spesso basta una bancarella, una piazza affollata, il profumo di qualcosa che sfrigola sulla piastra. Basta trovare il cibo di strada, lo street food: è così che capisci davvero in che posto sei sbarcato.
Noi possiamo ben dirlo: lo street food è meraviglioso. L’Italia ne è una patria importante, soprattutto al Sud: basta pensare al mercato di Ballarò a Palermo o ai vicoletti di Napoli. Ogni cibo racconta la sua storia, ogni strada racconta il percorso che stai facendo. Ma anche all’estero, dalla Thailandia agli USA, puoi leccarti i baffi passeggiando per le strade.
Pensiamo a Bangkok, agli spiedini di pollo marinati, ai noodles al peperoncino. La cucina thailandese da strada è un concerto di rumori e colori: un Pad Thai mangiato in un vicolo vale più di cento guide turistiche. E che dire di Istanbul, dove Oriente e Occidente si incontrano. Ogni angolo profuma di kebab arrostiti lentamente, di baklava sciroppose che incollano le dita.
In Messico, invece, il viaggio comincia da una tortilla. Nei mercati popolari di Città del Messico si trova tutto: tacos di carne, pesce fritto, formaggi fusi che si sciolgono in salsa piccante. Qui il cibo non è solo sostentamento, è identità. È un racconto che passa di mano in mano, dalla nonna alla bancarella, fino al turista che non smette di chiedere “ancora un taco, por favor”.
Che dire poi del Marocco, dove i souk di Marrakech sono un labirinto di profumi: tajine che cuociono lentamente, brochette di agnello speziate, spremute di arancia dolcissime vendute in bicchieri di vetro. Qui il cibo è parte di un teatro continuo, un invito a sedersi e a condividere.
E poi c’è l’immancabile New York, la città che ha fatto dello street food una bandiera. Hot dog e hamburger, certo, ma anche un riassunto del mondo intero: dumpling cinesi, samosa indiani, empanadas sudamericane. Lo street food è questo: non solo un piatto veloce, ma il modo più diretto per entrare in contatto con la cultura di un Paese e assaporarlo a dovere. Provare per credere!
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